domenica 28 febbraio 2016

SPOTLIGHT.


Prima di parlare del film, ecco un'immagine di me dopo averlo visto.




No, dai, scherzo. La mia faccia era più questa: 





Potrei definire questo film utilizzando una famosissima citazione della grande Sandra Mondaini : "Che noia, che barba, che barba, che noia!".
Si, perché la noia è stata l'unica cosa che ho provato guardando questo film. Un film che, per la tematica che tratta, avrebbe dovuto sconvolgere gli animi, emozionare, scandalizzare, farci incazzare ma che non riesce a fare niente di tutto ciò, ANZI; è totalmente privo di ogni pathos, piatto, anonimo e superficiale, una singola sfumatura di grigio. Anche proprio visivamente, non lascia assolutamente alcun segno, se non l'impellente bisogno di guardare qualcosa di coloratissimo come un brioso cartone animato. La fotografia è asettica, la regia impalpabile, impersonale, non aggiunge e non toglie, solo la recitazione si salva, o meglio, solo Mark Ruffalo (nominato come migliore attore non protagonista), che spicca nettamente sugli altri : sua, infatti, è l'unica scena che provoca un timido sussulto nello spettatore, risvegliandolo dal torpore in cui stava per sprofondare; per quanto riguarda gli altri, ottimi, attori... beh, oltre il compitino, non vanno; non li aiuta una sceneggiatura debole e lacunosa, per niente accattivante.
E pensare che questo film rischia di vincere l'Oscar nella categoria "miglior film". E pensare che c'è chi lo considera un grandissimo film. Io non lo considererei nemmeno un film, ma nemmeno un documentario, nemmeno un film inchiesta/di denuncia/di cronaca; è semplicemente un ibrido informe che non ha avuto il coraggio di essere niente di più di una forte scelta in termini di tematica. A molti, basta questo : già il fatto di parlare di un argomento "tabù" è considerato abbastanza per poter gridare al gran film. Secondo la mia opinione, per parlarne basterebbe uno spazio in un talk show o alla radio o un articolo di giornale, ma se fai un film, hai il dovere di rendere "cinematografico" un tema, qualunque esso sia; non può, infatti, un film che si prefissa l'ambizioso obiettivo di raccontare una storia del genere, prescindere dal ritmo, dalla tensione, dalla suspence, dal colpo di scena, altrimenti diventa un ammasso di fotogrammi in sequenza senza alcun senso.
Non mi è piaciuto, né mi ha soddisfatto, il punto di vista da cui viene inquadrata la vicenda, men che meno le modalità. Cosa volete che ce ne freghi di come funziona un'inchiesta giornalistica (che tra l'altro, nel caso particolare, non ha nulla di assolutamente inimmaginabile, nè di entusiasmante o lontanamente degno di nota), quando, dall'altra parte, abbiamo un argomento su cui umanamente, moralmente, emotivamente, si potrebbe stare a parlare per ore? Dove sono i preti? Si sono dati alla macchia? Ne vediamo mezzo per venti secondi. E le vittime? Un paio di storielle stereotipate raccontate senza incisività. In un film in cui vittime e carnefici dovrebbero essere protagonisti assoluti, diventano pura cornice, banale contorno, un'insalatina di accompagnamento, per lasciare spazio a quattro giornalisti sfigati di cui non arriviamo a conoscere nulla, compreso l'impatto che ha la vicenda su di loro, che riusciamo solo a intravedere con i vari "non ho dormito" buttati lì a caso. Vi rendete conto? Abbiamo visto per due ore questi  qui che camminano, si affannano a fare qualcosa che non riusciamo poi effettivamente a vedere, che vanno in giro a leggere carte, a intervistare gente alla carlona, a prendere appunti, a rispondere ad un muto telefono, a bere caffè in bicchieroni di carta, a costruire tabelle di nomi di preti invisibili. Ma come si fa?? NO, NO e NO.
Direi una gran bella occasione sprecata, questa. Un po' come armarsi, per una guerra, di ogni genere di arma esistente e poi andare a combattere con le freccette usurate dei peggiori bar di Caracas. Un po' come cucinare il piatto della vita con delle ottime materie prime, per poi non mettere il sale. Un po' come "signora, suo figlio è intelligente, ma non si impegna!". Un vero peccato, una vera delusione.
Questo film verrà ricordato (se verrà ricordato), magari da chi non l'ha nemmeno visto, come IL FILM SUI PRETI PEDOFILI, che però non parla dei preti pedofili, dello scandalo in sé, quanto di come questi quattro idioti abbiano ignorato per vent'anni una storia di tale portata e ora siano obbligati a lavorare il triplo (più di quanto magari non abbiano mai fatto nella vita), a cercare nomi e numeri da sbattere in prima pagina per cercare di impressionare la gente.
Che il fenomeno esista, ed è reale, ormai lo sanno anche i muri, solo la Chiesa finge di non sapere, negando l'evidenza, limitandosi a rattoppare con dei semplici, inutili, controproducenti trasferimenti. Nulla è cambiato da allora e nulla cambierà, soprattutto dopo un film del genere. 

P.S. Ecco cosa avrebbe dovuto fare realmente Michael Keaton con il loro film per far felice me e tanti altri spettatori, presumo.




#sorrynotsorry



aggiornamento : è accaduto quel che temevo. Spotlight ha vinto due premi Oscar, rispettivamente "miglior film" e "migliore sceneggiatura originale". Io non ho parole. Sicuramente il livello quest'anno era molto più basso rispetto ai precedenti, ma non credevo che il nulla cinematografico potesse arrivare a vincere premi così ambiti, senza vincere, poi, nient'altro. Questo non fa che dimostrare quanto un film così fiacco sia trascinato soltanto dall'importanza della sua tematica.

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